Intervista a Mauro Ceruti, senatore del pd. Eco di bergamo, 24/04/08

«Il Pd è di centro e non è un partito del leader». Nel Partito democratico il mondo cattolico è rappresentato da circa 150 parlamentari. E ancora «mi dispiace che Bertinotti sia rimasto fuori», anche perché l'assenza della sinistra non deve portare il Pd a oscillazioni «per rappresentare ciò che non deve». Il professor Mauro Ceruti, neosenatore del Pd, preside dimissionario della facoltà di Scienza della formazione dell'Università di Bergamo («Lascio la facoltà che ho creato e mi metto in aspettativa») per potersi dedicare al mandato parlamentare, spiega quello che sarà il ruolo dei cattolici nel Pd.
I radicali «chiamati» per controbilanciare i cattolici nel Pd hanno avuto quello che hanno voluto senza pagare pegno.
«A non pagare pegno nella sconfitta elettorale sono stati innanzitutto i parlamentari dell'area cattolica nel senso di militanza politica e culturale. Sono circa 150: persone con una lunga militanza cattolica, a partire dalla Dc, o che sul fronte dei valori li hanno attivamente testimoniati nella vita politica. Piuttosto ritengo che una penalizzazione per i cattolici ci sia nel centrodestra per come Pdl e Lega si sono presentate alle elezioni: di fatto c'è stata l'espulsione dell'unico partito esplicitamente cattolico. Il centrodestra ha sì assunto alcuni valori tradizionali della Chiesa, ma li ha proposti ideologicamente spesso affidandoli ai cosiddetti atei devoti. Non dico questo con vis polemica, ma come lettura della situazione. Ricordiamo che il Pdl si è proclamato anarchico sul piano dei valori, e la Lega è un movimento che dalle origini si propone come neopagano, a parte la tentazione di impugnare il Crocifisso come bandiera, ma non come valore».
La scorsa legislatura in più di un'occasione sui temi etici i cattolici di centrodestra «aiutarono» quelli di centrosinistra. La morale cattolica sarà ancora unificante?
«Il richiamo al voto di coscienza è caratteristico dei politici di cultura cattolica. Ridefinirei il problema. Il Pd nasce come scritto nel Manifesto dei valori, di cui sono stato relatore, come partito nazionale e non di una parte. Il Pd inoltre nasce come il partito delle migliori tradizioni riformiste e riformatrici, ma anche esclusivamente da un contributo attivo dei cattolici democratici. Il Pd non è e non deve essere, a scanso di equivoci, una filiazione dei tradizionali partiti di sinistra, della sinistra riformista, inoltre non è e, per quanto ci riguarda, non deve essere un partito di sinistra».
Quale allora il ruolo dei cattolici?
«La funzione dei cattolici democratici non è quella degli Indipendenti di sinistra di memoria comunista e neppure quella dei cristiano sociali. I cattolici democratici del Pd sono cattolici romani al 100%. Inoltre la strategia, o la tattica, politica proprio perché il Pd non è partito di sinistra, non è cercare alleanze nei partiti di centro. Perché il centro è al centro del Pd anche e soprattutto attraverso il contribuito dei cattolici democratici. Il problema non è ricreare un'alleanza di centrosinistra mettendo al centro Casini e a sinistra il Pd. La vocazione del Pd è al centro ovviamente con la sinistra riformista, ma per accreditarsi non ha bisogno di alleanze al centro. Altrimenti significherebbe mettere il Pd sulla strada dell'eredità del Pci. Ma il Pd non è erede nemmeno di Pds e Ds. Gran parte dei Ds e della Margherita hanno dato luogo al Pd che ha voluto essere non un cartello elettorale, ma un partito nuovo attraverso il quale costruire una nuova politica riformatrice: e i cattolici democratici non si sono mai definiti riformisti, ma riformatori sia che stiano a destra che a sinistra».
Questo contrasta con le dichiarazioni di Veltroni.
«È oggetto di discussione nel partito fin dalla campagna elettorale che si debba aprire un dialogo e un'alleanza tattico-strategica con i cattolici democratici dell'Udc o con alcuni che potevano rendersi disponibili all'interno del Pdl».
Quindi, tornando alle alleanze: o Casini entra o si fa un'alleanza che non va confusa con l'occupazione del centro, oppure se ne torna dall'altra parte?
«Certi valori di centro riformatore sono espressi dall'area riformatrice sia cattolica che liberale del Pd. Questo non vuole dire chiudere le porte a Casini, anzi vuol dire spalancarle all'interno di un dialogo che è alla ricerca di una sintesi condivisa: sia che si tratti dell'appartenenza a un unico partito sia che si tratti di un'alleanza politica di centrosinistra in funzione di un governo del Paese a tutto tondo».
Ma nel Pd la presenza cattolica ha una sua identità?
«Nel Manifesto dei valori si afferma che contrastiamo ogni tipo di politica populista o radicale di massa. Quindi critichiamo l'idea che il Pd sia un partito del leader. Il Pd non vuole consolidarsi come partito del leader, così come non vuole essere una federazione, un cartello elettorale di post-qualcosa, ma non vuole neppure annacquare o perdere quella grande risorsa interna che sono le tradizioni di cultura politica da cui proviene. La tradizione del cattolicesimo democratico è di quelle giunte al Pd senza conoscere sconfitte. Altre tradizioni sono state battute dalla storia. Il contributo del Pd sarà quello di andare oltre la contrapposizione fra laici e cattolici all'interno di una prospettiva che riconosca il valore profondo dei riformisti e dei riformatori democratici, di non credenti e credenti, stabilendo le condizioni e i metodi per punti di incontro indispensabili a proposito di problemi e temi inediti sui quali risposte precise non le ha nessuna tradizione politica. Possiamo averla come credenti, ma non come appartenenti a un partito».
Mino Carrara

Nessun commento: