Il mondo dopo la destra


Seminario di riflessione organizzato dal Centro Studi del PD

per approfondire le radici e le strategie d’uscita dalla crisi globale
Relazione introduttiva di Gianni Cuperlo e sintesi degli interventi
Bersani: "Per noi si parte dalla lotta alla precarietà del lavoro"


Mondo dopo la destra
Un seminario per avviare una riflessione e per approfondire radici e strategie d’uscita dalla crisi globale e dalle sue principali implicazioni. L'avvio di un percorso per analizzare lo scenario attuale utilizzando un approccio multi-disciplinare (la “crisi” letta non solo attraverso le lenti degli economisti, ma di storici, filosofi, sociologi…). Un tentativo di ricondurre le molte analisi prodotte negli ultimi tempi al punto di vista specifico della politica e del campo delle forze democratiche e progressiste. Un primo appuntamento per delineare il campo della ricerca e stimolare uno scambio di opinioni tra esponenti del Pd e un gruppo di interlocutori più esterni. 

Pier Luigi Bersani

La felice ambiguità del titolo ci fa comprendere come il Partito democratico può buttare il cuore oltre l'ostacolo e non fermarsi alla semplice analisi della situazione. Noi vogliamo allestire una macchina di riflessione che possa aiutarci a leggere in progress gli avvenimenti che riguardano il nostro Paese. La macchina di riflessione e quella di formazione politica sono due elementi strutturali di un partito che vuole la sua autonomia nella lettura della realtà. Quell'autonomia che servirà a supportare la sua attività di governo quando sarà il momento giusto.

La vicenda della crisi ha a che fare anche con il tema del salto tecnologico che c'è stato negli ultimi anni di globalizzazione. Se guardiamo il passato è evidente come ad ogni fase di crisi, il cambiamento globale è sempre stato accompagnato da un importante salto tecnologico. 

Oggi la finanza ha preso il sopravvento sulla produzione e sui consumi e ha usufruito di meccanismi che le hanno permesso di prendere il possesso di tutto il sistema. La retorica che si è accompagnata a questo fenomeno ne ha dato una giustificazione che ha prevalso dal punto di vista culturale.

La destra ha corteggiato e fatto correre il pensiero liberista. Il centrosinistra non ha saputo affrontare la battaglia con un'altra idea alternativa. Per spiegare e semplificare la crisi si può dire che oggi l'occidente è ciò che tramonta.

In Italia la politica ha avuto un buon nome quando - fino agli anni 60 - significava accrescere e inglobare. La legittimità della politica esiste ancora in quegli stati che hanno fatto delle scelte importanti. Il Brasile ha messo fuori porta il fondo monetario ma questo è stato possibile per una condizione asimmetrica legata al fatto che poteva permetterselo essendo autonomo per abbondanza di materie prime.

Il paradosso è ora l'Europa. Oggi l'Europa è diventata un problema per il mondo quando prima della crisi è il modello da seguire. In realtà c'erano i presupposti di snervamento del modello sociale su cui si era basato. Si è persa la legittimazione della politica e la formazione di una nuova ideologia che ha preso il posto dell'ideologia precedente. 

Basta pensare all'atteggiamento assunto contro la Grecia che poteva essere risolto in altro modo.

Tutti sono convinti che serva un'autorità per la difesa dell'euro e per la crescita economica ma poi non succede nulla per non vengono prese decisioni politiche di consenso. I problemi non si risolvono con la linea del ognuno pensa a sé. Anche la Germania non ha fatto da sola quando è caduto il muro e c'è stata la riunificazione. Così noi non dobbiamo parlare di Italia. Occorre parlare di Europa con l'Italia al suo interno.

Come partito non dobbiamo vedere solo al quotidiano. Il nostro sforzo deve essere quello di tenere gli occhi aperti, aprire la testa al pensiero critico della società che vuole esprimersi. Destra e sinistra se si guardano nella scala mondiale, ora si possono delineare più facilmente. Su quali discriminanti dobbiamo ragionare?
1) Nessuno approccio difensivo ma regolativo della globalizzazione. Tra i grandi obiettivi la regolamentazione della finanza, del mercato del lavoro, dell'ambiente. 

2) Il coordinamento delle politiche macro economiche con sviluppo dei mercati interni e crescita a scapito delle disuguaglianze. Pensare ad un mondo multicolore e dove è la donna il parametro dei diritti civili. Questi devono essere i punti fondamentali dell'idea progressista di cui vogliamo fare parte.

3) L'Europa luogo nostro. Ci sono scelte ineludibili per l'Europa. Le forze progressiste devono trovare le risposte per uscire dalla crisi e dare una piattaforma alternativa agli ideali populisti dei conservatori. A marzo avremo delle iniziative per mettere in moto la macchina di gestione politica della piattaforma.

Oggi si invoca la politica solo per schiaffeggiarla. La discriminante tra destra e sinistra viene addirittura eliminata da chi la politica non la vuole proprio. Occorre riconoscere i limiti della politica e prendere tutte le iniziative perché la politica sia una buona politica. Ma dobbiamo anche dire con chiarezza qual è la nostra posizione: noi crediamo nella democrazia rappresentativa dove i partiti hanno un ruolo essenziale e siamo contrari a modelli populisti.

La vicenda italiana si riassume così: abbiamo un governo di emergenza e transizione a cui non possiamo chiedere di fare il 100% di quello che faremo noi. Vorremo caratterizzare le sue azioni in base al quello che pensiamo sia giusto fare. Le liberalizzazioni ad esempio meriterebbero un'importante rafforzamento. Nei prossimi mesi vorremmo ci fosse più attenzione ai problemi fondamentali del Paese: la liquidità delle imprese, il mercato del lavoro, il sistema delle autonomie. Per noi si parte dalla lotta alla precarietà del lavoro. La destra a questo non ci pensa neanche!

"Sento dire che non c'è differenza tra la destra e la sinistra. Ma allora perché tutte le volte che incontro qualcuno del centrodestra sui temi di merito, dal lavoro alle liberalizzazioni, non mi trovo mai d'accordo? Mai. Sarà un difetto mio ma non parliamo di cose filosofiche, parliamo di oggetti concreti". 

Quando sarà il momento delle elezioni dovremo presentare un programma alternativo non a Monti ma alla politica con la quale le destre hanno risposto alla crisi. Sui temi della democrazia e del sociale dovremo essere chiari e su alcuni temi sfidanti correndo qualche rischio. Dire quale modello democratico vogliamo, alternativo alla curvatura populista e basato sul civismo e la solidarietà. 

“Far da sé sì ma mai da soli. Perché da soli non ci si riesce a salvare”. Questa è la linea da cui partire per la piattaforma progressista. Tocca a noi portare un contributo non banale perché abbiamo una ricchezza di cultura e di contributi che altri non hanno.

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Gianni Cuperlo

Prima di tutto grazie per la vostra presenza. Quello di oggi è il seminario di avvio per un lavoro di più lunga lena. A me spetta tracciarne la cornice. Cosa non semplice che proverò a fare seguendo un filo inevitabilmente parziale. So che il titolo esprime una forzatura. E non tanto nell’orizzonte che si evoca, ma per il giudizio su questi anni letti come atto conclusivo del ciclo liberista e del suo pensiero. Capisco che già su questo si potrebbe discutere. E però gli indicatori che conducono lì sono diversi. Ne scelgo uno. Siamo nell’ottobre del 2008, la crisi è già esplosa, e a Washington si svolge l’audizione di Alan Greenspan, l’uomo che ha guidato la Fed per 18 anni. (continua a leggere tutta la relazione)


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Gianni Toniolo (Docente di Storia economica alla Luiss di Roma)

Forse questo seminario poteva intitolarsi il mondo dopo la crisi. Storicamente le crisi hanno avuto sempre esiti diversi. Ma quale crisi è stata questa? A mio parere non è stata una crisi mondiale come negli anni '30. Questa è una crisi del Atlantico settentrionale e anche all'interno dell'Europa la crisi ha avuto risvolti diversi: la Scandinavia non ha subito la crisi e la Germania ha saputo sfruttare la crisi per rafforzarsi. È l'Italia che ha subito particolarmente la crisi!

Il nostro paese non ha saputo reagire e superare i grandi shock degli anni 90 non investendo nel suo futuro. Oggi il PD ha una grande occasione per formulare il suo messaggio su due pilastri fondamentali: 1) recuperare la tradizione della cultura della sinistra, quello che una volta veniva definito la scelta progressista. L'Italia non produce più arte e scienza a livello mondiale; 2) uscire dalla crisi con equità.

Il PD deve aprire e dare spazio alle forze nuove che ci sono nel Paese. Interpreti la società in modo nuovo e sia all'altezza del suo compito e delle sue responsabilità.


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Dario Franceschini

Non penso ci aspetti una strada tutta in salita. Anzi sono ottimista e penso che il PD la strada sia in discesa. Il disegno che sta nelle radici del PD, dell'Ulivo e del centrosinistra è stato bloccato o rallentato dalle condizioni delle anomalie italiane rappresentate dalle destre e dal berlusconismo che ci ha spinto verso una posizione di difesa in un'agenda completamente ribaltata.

Non avevamo una destra normale con cui confrontarci sui contenuti come avviene oggi a distanza di pochi mesi dalla caduta di Berlusconi. Il progetto alla base del PD era molto ambizioso ma da attuare nelle condizioni più difficili.

Ora ci si presentano due opportunità: 1) un periodo tregua nel primo post-berlusconismo; 2) la crisi del modello capitalista dà la possibilità di una svolta straordinaria al PD. Nuovi orizzonti in un mare aperto dove a grandi insidie corrispondono grandi possibilità.

Gli italiani stanno dimostrando di essere capaci di saper affrontare le difficoltà nei momenti difficili. Fino ad oggi il pensiero dominante è stato “il tuo benessere individuale è legato alle quantità materiali che si raccolgono durante la vita”. Occorre riscrivere la gerarchia dei valori e spiegare, ad esempio, che la felicità è determinata dal tempo che hai a disposizione per fare le cose che vuoi, che le società multietniche non sono un problema ma una speranza per il futuro, che la mobilità sociale e lavorativa possono essere un bene.

E il tutto va affrontato non più nella dimensione nazionale ma va trasferito oltre i vecchi confini della sovranità nazionale eliminando alla base il concetto regolamenta i rapporti tra gli stati: il Pil e la forza militare. Il nostro futuro va oltre i confini nazionali nella consapevolezza di affrontare gli stessi problemi.


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Gad Lerner (Giornalista)

È diffusa l'idea che chi è causa del suo mal pianga sé stesso nelle cause della crisi, soprattutto se si guarda al caso Grecia. Oggi ipotizzare di uscire dalla crisi con equità significa mettere in discussione la finanza mettendo perseguendo una politica di dimagrimento. Se è sano il dimagrimento delle attività finanziarie dobbiamo sapere che questo sarà una serio trauma per l'intero sistema.

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Paolo Gentiloni

In che senso il mondo dopo la destra? Il ventennio che abbiamo alle spalle è caratterizzato nel mondo dall'alternanza di governi di centrosinistra e centrodestra. La soluzione alla crisi non può essere affrontata in una lettera di differenza tra destra e sinistra. Non è una generica crisi della globalizzazione ma da un'accelerazione insopportabile della globalizzazione stessa. Potremmo suggerire di rallentare ma sarebbe solo una scelta autarchica che non darebbe frutti. 

L'epicentro della crisi si trova in un'Europa fragile economicamente e incapace di darsi sicurezza con una propria moneta. Il sogno liberale del centrosinistra è ancora attuale e ammettere che il riformismo liberale non è stato solo figlio della belle époque ma è adatto anche nei momenti di crisi. 

Non si può difendere più lo status quo della globalizzazione. Occorre portare nuove politiche a livello mondiale democratizzando la globalizzazione. L'unico vero strumento, “l'attrezzo” che abbiamo è l'Europa e il suo rilancio. Non deve essere una grande utopia dei giorni nostri e in questo scopo il PD deve fare di più dentro la famiglia europea.

Le linee di faglie su cui si è lavorato negli ultimi anni sono state troppo confuse. La frontiera c'è e spetta alla vecchia Europa e alla stessa Italia il compito di dare risposte alla crisi con nuove idee. Tenendo conto dei cambiamenti socio-demografici e dei nuovi temi come la sostenibilità ambientale e del nodo rappresentato dal rapporto tra individuo e società (senza crociate contro l'individualizzazione).

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Massimo D'Alema

Molto interessante questo dibattito che pone interrogativi nella forma di una discussione molto aperta. Quel dopo la destra merita una specificazione. Domandiamoci cosa c'è dopo la grande crisi del capitalismo occidentale. Non è affatto detto che dopo la crisi ci sia la sinistra, così come non è affatto detto che alla crisi economica corrisponda una crisi della destra. La politica ha avuto il compito di togliere gli ostacoli al benessere voluto dal capitalismo che ha dominato il mondo occidentale con le regole del liberismo. Queste regole hanno posto la stessa politica in posizione subalterna all'economia.

Un progetto democratico di sinistra di uscita dalla crisi non significa disperdere gli avanzamenti che la globalizzazione ha portato con sé. La globalizzazione è stata vista in maniera troppo negativa: in una visione diciamo aristocratica. Una risposta regressiva e anti-individualista non può fare parte del progetto che dobbiamo costruire.

L'indebolirsi della politica ha reso problematico il concetto della democrazia. Lo spazio della politica si è ridotto e la tendenza è quella della convergenza tra destra e sinistra. La difficoltà non è solo italiana e la politica deve riguadagnare terreno nel campo delle alternative vere e in nuovi conflitti. Il vero problema è quello del potere: la politica non ha senso se non è possibile assumere azioni diverse al di fuori delle decisioni che l'economia le detta. La politica deve riprendersi la padronanza del destino. L'alternativa tra la politica che esegue i compiti e la ribellione popolare è una politica che sappia di nuovo riprendersi il potere di decidere. Riscoprire la centralità dello Stato come ha scritto l'ex presidente Bill Clinton. 

È chiaro che per noi l'Europa è la dimensione della statualità, dell'espressione della politica forte. Oggi l'Europa è terreno di aspra lotta politica e in questa battaglia dobbiamo trovare il nostro ruolo nella politica del dopo-Monti. Noi dobbiamo ragionare al dopo sapendo che solo sostenendo Monti potremo affrontare il dopo. Il compito della politica non è solo Pil ed economia ma azioni di riduzione della disuguaglianza.

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Lucia Annuziata (Giornalista)

Cosa è successo alla politica e ai partiti con la crisi? Per me questa è la vera domanda a cui bisogna rispondere perché la crisi ha toccato profondamente la politica e l'ha portata in crisi. La politica si è fatta usare dall'economia e contagiare dal modello finanziario. In Italia c'erano due possibilità per uscire dalla crisi: dichiarare il default economico o quello politico. Con la scelta di Monti si è dichiarato il default politico e la rottura del modello finanziario.

Andrea Draghetti

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