Misiani: "La mia idea di road map federale"


I progressi nel cammino verso il compimento del federalismo

Intervista di Claudio Stellari ad Antonio Misiani - Autonomie e Comunità


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Parliamo di federalismo fiscale: quale lo stato dell'arte?
La bicamerale ha varato una serie di provvedimenti che delineano l’architettura del nuovo ordinamento finanziario di Comuni, Province e Regioni. Dal punto di vista dei decreti legislativi che andavano discussi e votati, lo stato dell’arte è dunque quello di una riforma giunta a buon punto. Ma il punto di fondo è che il più generale processo di risanamento della finanza pubblica negli ultimi anni si è scaricato duramente sul comparto degli enti territoriali. Le manovre del 2010-2011, complessivamente, hanno attuato una correzione dei conti pubblici per 105 miliardi di euro, uno sforzo mai visto nel nostro Paese dal dopoguerra ad oggi. Ma di questi, ben 21 miliardi - una cifra enorme - sono ricaduti sugli enti locali attraverso tagli dei trasferimenti e riorganizzazione del sistema impositivo, inasprimento del patto interno di stabilità. Il risultato è che,nonostante gli elementi positivi introdotti dal federalismo fiscale, adesso Comuni, Province e Regioni si trovano in enorme difficoltà come mai nella storia recente.

Quali gli aspetti positivi?
Gli enti locali hanno recuperato autonomia impositiva dopo anni di blocco totale delle aliquote; oggi i Comuni possono manovrare l’imposta municipale, l’addizionale irpef e lo stesso vale per le Regioni. Inoltre, dal 2013 cambierà il regime della tassa sui rifiuti con la nuova Tares (tassa comunale sui rifiuti e servizi, ndr). Insomma, sul versante dei tributi vi è stato un processo di riorganizzazione che ha restituito spazi di autonomia a Sindaci e presidenti di Province e Regioni, che prima avevano le mani legate. Ritengo anche positivo che si sia avviato il percorso di superamento della spesa storica con i decreti sui fabbisogni standard degli enti locali e delle Regioni.

C'è forse un "però”?
Il “però” è che queste riforme sono a metà del guado, perché i decreti prevedevano numerosissimi provvedimenti attuativi che finora non sono stati emanati. Ulteriore e non meno importante fattore è che dette riforme si sono scontrate con la realtà di una finanza pubblica in cui un quinto della correzione dei conti pubblici sono stati scaricati sugli enti locali i quali, lo ricordo, sono responsabili solo di un quindicesimo del debito pubblico e solamente di un nono del deficit.Abbiamo caricato uno sforzo sproporzionato di correzione dei conti pubblici su Comuni, Province e Regioni, mentre in questi anni l’aumento del debito pubblico si è registrato quasi esclusivamente nelle amministrazioni centrali e negli enti di previdenza.
Lo stesso dicasi per l’extradeficit. Nonostante ciò, un quinto della manovra è stata caricata sugli enti locali. È un dato di fatto.

Può la perequazione risolvere il divario esistente?
Il nodo del riequilibrio prima e della perequazione poi è uno dei punti su cui questa contraddizione tra le ambizioni della riforma e la realtà delle manovre finanziarie emerge con grande forza. Il tema del riequilibrio, come posto nella riforma, fondamentalmente è giusto. Salvo poi scoprire che le manovre hanno tolto miliardi di euro ai fondi destinati proprio al riequilibrio e alla perequazione per cui il rischio è che i principi e gli obiettivi scritti nelle leggi rimangano sulla carta e che quindi si allarghino i divari tra gli enti più ricchi e quelli meno.

Cosa si può fare, allora?
Bisogna subito lavorare ai decreti correttivi del Federalismo fiscale: uno degli aspetti più discutibili della manovra Monti è questa compartecipazione statale pari al 50% del gettito dell’imposta municipale.
Normalmente sono gli enti territoriali che compartecipano al gettito dei tributi erariali mentre qui si introduce il principio opposto - oggettivamente è anomalo - tale per cui lo Stato trattiene metà dell’imposta.

Resta l'incognita sul grande tema del patto di stabilità
Il governo Monti ha scritto nella manovra che vuole cambiarlo. Lo aspettiamo nei fatti. Nel frattempo, per quanto riguarda gli enti locali il Pd lavorerà per migliorare i contenuti della politica economica. Monti pone ora l’obiettivo della crescita, la cosiddetta “fase due”. Ma la crescita non può venire solo dalle liberalizzazioni: i Comuni, ad esempio, hanno risorse in cassa che non possono immettere nel circuito dell’economia a causa dei vincoli del Patto di stabilità. Questo problema va affrontato perché sta mettendo in grande difficoltà i Comuni stessi e strangolando quelle imprese che hanno già lavorato per i municipi e che ora sono in arretrato e in attesa di essere pagate, col paradosso che questi soldi in cassa magari ci sono. Questo nodo lo vogliamo affrontare? Secondo me è importante per fare ripartire losviluppo del Paese.
Insomma, come vogliamo considerare gli enti locali in una possibile nuova stagione di crescita del Paese? Protagonisti o comprimari? Sugli investimenti pubblici si può fare molto di più, riattivando il ciclo degli investimenti delle piccole opere, quelle delle realtà locali, piuttosto che le grandi opere che vanno sui telegiornali ma poi restano sulla carta.

Quando vedremo pienamente compiuto il federalismo tout court?
Lo stesso federalismo fiscale avrà bisogno ancora di molti anni prima di essere a regime. Al federalismo puro si arriverà solo quando sarà completata la riforma costituzionale. Legautonomie ha posto con grande forza - e ha fatto bene a farlo - la questione del Senato federale: non c’è Stato federale che non preveda una delle due camere rappresentativa delle autonomie territoriali. Il superamento del bicameralismo, così inteso, dev’essere uno dei primi punti dell’agenda della riforma della politica, pur sapendo che la riforma del 2000-2001 ha già compiuto grandi passi in avanti perché ha spostato molti poteri dal centro agli enti territoriali. Manca ancora questo tassello per un approdo compiuto al federalismo, per completare cioè quel processo di modernizzazione dell’assetto istituzionale che l’Italia ha avviato tanti anni fa e che ora è maturo per essere completato.

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